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Camera di compressione

di Carlton Myers

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Lo spogliatoio di ogni squadra è lo spazio intimo in cui nascono coesione e successi. Lorenzo Castore, fotografo di «Ventiquattro», è entrato nello stanzone della Scavolini Spar di Pesaro. La tensione, la voglia del confronto è sui volti dei cestisti. Anche su quello del capitano Carlton Myers, 37 anni: «Per me il basket – dice il campione, che è stato portabandiera dell'Italia ai Giochi di Sydney – è divertimento purissimo, quello che da ragazzino mi fece preferire la pallacanestro alla musica»

Lo spogliatoio della Scavolini Spar è uno stanzone grande e disadorno, ci sono gli armadietti, le panche, le gabbie e ogni giocatore occupa più o meno lo stesso posto. È, fatti i dovuti distinguo, una piazza in cui ognuno si muove, si ferma, si isola, scappa tante volte verso i bagni, chiacchiera, ascolta le poche raccomandazioni dell'allenatore, fa come meglio crede per allentare la tensione e far passare il più in fretta possibile quei minuti. In fondo, tutti noi abbiamo solo una gran voglia di confrontarci con gli avversari. Quasi fosse l'ultima battaglia tra la vita e la morte, tanto più definitiva quanto più la gara è importante, difficile. Anch'io percepivo il basket così, soprattutto nei miei primi anni a livello agonistico: mi isolavo, cercavo spazi di silenzio in cui scaricare la voglia di competere e trovare la forza per dare il meglio. Ma quel modo di preparare la gara era un controsenso: il basket è davvero uno sport di squadra in cui neppure Michael Jordan avrebbe potuto vincere da solo.
Così, in questi vent'anni di professionismo, il mio atteggiamento prima della competizione è cambiato tanto: ora leggo il giornale, oppure, se la gara è più importante di altre, guardo qualche film comico e soprattutto non penso più che il basket sia questione di vita e morte. Adesso nelle ore che precedono le partite cerco il divertimento.
Quando ero ragazzino, mio padre sperava che mi dedicassi alla musica, mi sognava artista su qualche palcoscenico importante, ma l'adrenalina, la gioia del basket era molto più potente di quella delle note: oggi cerco di ritornare a quello spirito giovanile perché era purissimo, intenso e lo ritrovo sempre identico, con tutta la sua forza. Solo la gioia, il divertimento cancellano la noia, la quotidianità del lavoro: anche nel basket, a volte, questo rischio c'è perché solo i robot potrebbero essere sempre felici delle loro fatiche.
Ma ci sono certe partite particolari. Nonostante abbia giocato le finali di due campionati europei (una persa nel 1997 in Spagna e una vinta nel 1999 in Francia, ndr), c'è una partita che più di altre ho sofferto a livello emotivo. Fu timore vero, fu una situazione drammatica: era il 2000, giocavo nella Fortitudo Bologna e avevamo dominato la regular season. Eravamo in finale contro la Benetton Treviso e, ahimè, avevamo perso la prima gara in casa. Quella sconfitta aveva azzerato tutte le mie certezze, le mie forze, la coscienza delle mie capacità: ero nello spogliatoio di Treviso per la seconda partita, pieno di timore di perdere l'ennesimo scudetto. Dovevo combattere contro me stesso prima che contro gli avversari, contro i miei fantasmi prima che contro il tifo di Treviso. Confidai nel Signore (Myers è evangelico, ndr) e trovai forza nella preghiera. Vincemmo a Treviso e quella partita ci aprì le porte dello scudetto.
Ancora oggi l'ultimo mio pensiero prima di arrivare sul parquet di gioco è per Dio, è una preghiera personale, una lode alla sua forza.
Io sono sempre l'ultimo a uscire, è come se volessi lasciare tutto in ordine e chiudere la porta della nostra casa.

Carlton Myers, 37 anni, guardia e capitano della Scavolini Spar Pesaro.
Ha vinto uno scudetto, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane, un Campionato europeo (1999) e un argento europeo (1997). Detiene il record italiano di punti segnati in una sola partita (87).
È stato il portabandiera dell'Italia ai Giochi olimpici di Sydney 2000.

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